Mirko Dalpiaz, il diamante dei Toros Locos
È nato il giorno dopo il Ferragosto del 1978 e, non avendo comunque dati meteorologici alla mano, è stato sicuramente baciato dal sole. Ha segnato tanto, più di trecento gol fra TNT Monte Peller, Dro, Garibaldina, Anaune, Rovereto, Salorno, Comano, Borgo, Predaia e Albiano. Non c'è che dire un «curriculum» importante, quello di Mirko Dalpiaz. Da qualche mese ha intrapreso la strada della palestra e ha iniziato a cimentarsi nel futsal trentino, serie D, con la maglia dei «Toros Locos», ambiziosa compagine della Val di Non, attualmente seconda, ad un punto dalla Trilacum, nel girone C.
Come mai hai deciso di darti al calcio a cinque alla tua «veneranda» età?
«Ho smesso con il calcio per tre motivi: un ginocchio che non mi permetteva più di allenarmi come volevo (la notte dopo la partita si faceva sentire), alcune persone che mi hanno fatto perdere la passione per questo sport, ma soprattutto la volontà di dedicare tempo alla mia famiglia e ai miei tre cuccioli. Sono stato fermo praticamente quasi due stagioni, poi mi hanno buttato lì questa proposta, ancora l'estate scorsa, di provare ad andare a giocare a calcio a cinque con i Toros Locos formato da un gruppo di ragazzi di Tassullo Tuenno e Cles. Sinceramente ho risposto subito di no, deciso, per mancanza di voglia e paura di tornare a sentire dolore al ginocchio, poi in autunno sono tornati alla carica, dicendomi "dai che siamo messi bene in classifica, ci serve un giocatore con esperienza che faccia gol", La tentazione è cresciuta e ho promesso che sarei andato a fare qualche allenamento a gennaio...bene sono andato e... mi sono divertito. Un sentimento che negli ultimi anni a calcio non avevo più provato e devo ammetterlo mi sto divertendo tanto ancora. Quindi ho deciso di provare e tesserarmi e all'esordio poker di gol e vittoria contro il Fraveggio con rimonta al cardiopalmo, meglio di così. Non avrei mai detto che sarei tornato a divertirmi a calciare un pallone, certo l'età anagrafica c'è, non la si può nascondere.. per questo ci sono i giovani che corrono, ma per fortuna i piedi sono rimasti intatti e anzi in questa disciplina la tecnica individuale riveste ancora più importanza. Punto su quella e sul fiuto del gol, diciamo che qualcosa è rimasto dentro».
Ritieni che sia una disciplina interessante, anche per i giovani o pensi che sia un ritrovo per ex calciatori per passare la serata?
«Allenando i Piccoli Amici praticamente da novembre a marzo (per freddo) siamo in palestra e ne ho circa trenta. Per questo abbiamo formato due gruppi e li faccio giocare a futsal. Già da questa tenera età considero questo sport fondamentale per imparare a stare con gli altri, il rispetto reciproco, le regole di comportamento e del gioco specifico. Ovviamente con questi bambini si gioca e ci si diverte con l'obiettivo unicamente del loro sorriso e della loro gioia. Allo stesso tempo si cerca di trasmettere, attraverso attività ludiche, l'importanza del gruppo, del giocare insieme e penso che il calcio in generale ma il calcio a cinque nello specifico possa essere uno strumento di primaria importanza per la valorizzazione di principi sani di sport e convivenza civile.
Partire da qui per pensare a risultati futuri, credo che il calcio a cinque stia cambiando, se fino a qualche anno fa era davvero solo uno spazio per ex calciatori a fine carriera ora invece si sta ritagliando uno spazio tutto suo e sempre più importante. Sempre più giovani cominciano a praticarlo ed è un movimento in continua ascesa, con enormi margini di sviluppo».
Più difficile centrare la porta piccola o quella da calcio?
«Bella domanda, difficile in entrambi i casi fare gol, diciamo, viste le situazioni, dimensioni, palloni: tutti diversi. Personalmente posso ritenermi fortunato perché se c'è una cosa che mi è sempre riuscita bene fare sia nel calcio che adesso nel futsal, ci sarà un motivo se ero il "bomber" (afferma ridendo). Ovviamente qui la porta è più piccola, ma la "figata" è il fatto che ogni dieci, venti secondi può esserci una potenziale azione da gol. Magari è più difficile centrarla ma aumentano le probabilità di tirare».
Siete secondi alle spalle della Trilacum, puntate a salire nella categoria superiore coi Toros Locos?
«Senza voler peccare di presunzione, non nego che uno dei fattori che mi ha spinto a tornare a giocare è stato, oltre all'incredibile entusiasmo che mi hanno trasmesso i fratelli Diego e Stefano Dalpiaz (i creatori della squadra insieme al loro papà nonché mister Rolando), proprio la loro volontà di provare a vincere il campionato o comunque di provare a salire di categoria...perché è innegabile,in qualsiasi categoria,in qualsiasi sport agonistico,giocare un campionato di vertice risulta sempre stimolante. Lo ammetto, ho accettato per provare a dare una mano per salire di categoria. E ci proveremo fino alla fine. Fra l'altro abbiamo anche ingaggiato anche il mio super amico "fratello" Amos Luchesa che venerdì scorso ha già esordito, con una grande prestazione».
A proposito come mai questo nome «esotico», Toros Locos?
«Non so dirtelo, forse sono fans di Piero Pelù? O per essere dei tori in campo? Resta il fatto che mi ha colpito e mi sta colpendo la passione e l'entusiasmo che stanno mettendo in questa squadra...ogni gara filmata e caricata su YouTube. Meritano il passaggio di categoria».
Da navigato bomber ti sei posto un obiettivo di reti da realizzare quest'anno?
«In ogni campionato a cui ho partecipato l'obiettivo personale era comunque quello di provare a vincere il titolo di capocannoniere o comunque lottare con i migliori...ci sono riuscito sia in Eccellenza, in Promozione che in Prima Categoria. Ora, almeno quest'anno la vedo dura. Sono partito con un girone di ritardo e quindi l'obiettivo personale che mi sono posto per il ritorno e' piccolino ma ambizioso: segnare almeno un gol ogni partita... finora ci sono riuscito e sono a quota nove in cinque partite. Magari sono pochini e probabilmente potevo farne di più ma ormai,da vecchietti, bisogna sapersi accontentare. Sto però riscoprendo invece una cosa nuova per me, la soddisfazione e gratificazione nel fare gli assist.
Mancano ancora undici partite, diciamo che sarei gratificato ad arrivare a venticinque, trenta gol».
Hai seguito gli Europei? Se si, quale giocatore ti assomiglia (con le debite proporzioni) di più?
«No non ho seguito gli Europei - confessa - anche perché a casa mia non ricevo Eurosport. Mi hanno impressionato però i gol di Ricardinn, un fenomeno! Si inventa delle giocate fantascientifiche. Mi dicono che a volte faccio anch'io delle giocate "carine", ma mi accontento di assomigliare, a volte, ancora un pochino a quel numero nove che qualche anno fa calpestava i campi verdi della regione e spesso gonfiava le reti avversarie. Almeno mi metto d'impegno per provarci e provo a dimenticare la carta d'identità».
Concludendo...
«Se mi permettete un saluto ai miei primi e più importanti tre tifosi: i miei cuccioli Tommaso, Jacopo e Martino. Prima di ogni partita mi fanno il loro pronostico. "Oggi papà devi segnare quattro gol" mi avevano detto all'esordio e almeno lì li ho accontentati anche se poi ho spiegato che, purtroppo, non sarà sempre così».