Tony Salinas, primo titolo da mister
Dopo tre campionati vinti da giocatore (in C1 con Brescia e Green Tower e in B con la stessa formazione lombarda) Tony Salinas venerdì sera ha potuto anche festeggiare il «primo titulo» da mister con il successo del suo Giacchabitat contro il Tavernaro che ha permesso al sodalizio del presidente Panteca di staccare in anticipo il biglietto per la serie nazionale.
Soddisfazione maggiore vincere da giocatore o da mister?
«Sono due cose diverse – spiega Salinas – questo era il quinto campionato che facevo come allenatore solo (dopo alcuni fatti come allenatore/giocatore) e devo dire chela soddisfazione è stata maggiore perché ho sudato tanto per arrivare a questa vittoria. Il Giacchabitat è stata la società che ha creduto in me sin dal primo anno del mio arrivo e anche lo scorso campionato quando poteva anche cacciarmi dopo un girone d’andata non certo all’altezza. La vittoria ottenuta in questa stagione è stata sicuramente una grande liberazione, dopo tanto sacrificio perché non è facile allenare ragazzi a giocare con la giusta mentalità che si deve mettere sul campo da futsal e che io ho maturato in categorie superiori da giocatore, fuori anche dalla nostra regione. Venerdì vedendo le lacrime di mia moglie Lara ho capito che ce l’avevo fatta e ti confido che per tutta la sera camminavo sopra una nuvola e solo il giorno dopo sono sceso da essa».
Anche perché l’inizio della stagione non era stato foriero di risultati positivi. Dal ko in Coppa contro il Comano alle due sconfitte nelle prime tre giornate di campionato.
«Però io ci ho sempre creduto e non è una frase fatta, perché io ci credo sempre e non voglio mai mollare. Dovevamo crederci tutti assieme ed era importante farlo capire alla squadra anche dopo un avvio così avaro di soddisfazioni».
Arrivò allora la partita chiave?
«Certamente quella con la Bassa Atesina con la vittoria sul loro campo è stata la chiave di volta. Ai giocatori ho ricordato una frase di Phil Jackson (celebre coach dei Los Angeles Lakers n.d.r) Una buona squadra diventa grande quando i suoi membri hanno così fiducia gli uni negli altri da rinunciare all’Io per il Noi. e da lì abbiamo tutti lavorato nella stessa direzione, in allenamento e in campo prendendoci una striscia positiva che ci ha permesso di andare a vincere questo campionato. Le gare che però mi hanno fatto capire più di tutte che andavamo a vincere sono state quelle col Tavernaro (da 0-4 a 5-4) con il Futsal Bolzano e con l’Olympia dove abbiamo raggiunto vittoria e pareggio nel finale. Negli anni passati quelle partite le avremmo sicuramente perse».
Da calciatore e da allenatore sei stato tanti anni col futsal regionale, credi ci sia stato un calo di livello in questi ultimi anni?
«Senza dubbio! Ormai si vedono solo partite con palla lunga, pochi schemi su palla inattiva. Le squadre sono diminuite da diverse stagioni in C1 anche di numero ed è difficile vedere tre o quattro squadre che, come fino a qualche stagione fa, lottavano per la vittoria. Ora vedo solo il Futsal Bolzano provare a giocare realmente a calcio a cinque e penso che in Trentino Alto Adige non ci sia ancora la giusta mentalità per questa disciplina che viene ancora troppo vissuta solo come sfogo del venerdì sera»
Cosa servirebbe per migliorarla?
«Prendere esempio dal Bubi Merano, per esempio, che dopo tante stagioni in altalena fra Be C ha dato la svolta giusta, creando una base con la scuola calcio a cinque e prendendo sempre tecnici preparati per insegnare anche ai più giovani questo sport. Io ho vissuto fuori regione in società che avevano un vero e proprio vivaio curato anche dai giocatori della prima squadra, andando anche nelle scuole. Qui in Trentino ancora non esiste e la stessa Federazione dovrebbe incentivare a riguardo per migliorare la qualità di questa disciplina»
Il prossimo anno in B sarete al via col nome dell’Ac Trento, potrebbe essere un primo passo per arrivare a questo?
«Penso proprio di si, perché so che in società ci sono persone che al calcio a cinque ci tengono molto e portare in giro un nome storico come quello del sodalizio gialloblù sarà un ulteriore stimolo per chi giocherà per questa maglia. Ricordo che appena arrivato in Trentino andai a vedere al “Briamasco” una partita di C2 e da quel momento mi prefissai di raggiungere come obiettivo quello di giocare col Trento, ci sono arrivato da allenatore e va bene lo stesso. Il blasone, il progetto della società mi fa capire che il futuro sarà importante».
Ringraziamenti finali?
«Al presidente Pietro Panteca e al figlio Mirko per il lavoro che hanno fatto per questa società e perché mi sono sempre stati vicini e di sprone in questo viaggio. Al dirigente Gabriele Gennara anche lui prezioso così come il mio secondo Gabriele Bertaso. Una famiglia vera e propria per arrivare al traguardo finale tanto ambito».
E una dedica?
«A tutta la squadra e società, ma in primis a mia moglie Lara Hidalgo che è stata sempre la prima tifosa e la prima a spronarmi».