Cus C5: una realtà unica, una casa dove si cresce giocando
Ci sono società sportive che esistono per fare campionati, e società che esistono per far crescere persone. Il CusTrento Calcio a 5 appartiene alla seconda categoria, e basta parlare con chi lo vive ogni giorno per capirlo: i mister Emiliano Piazza e Livia Copellino, oggi alla guida rispettivamente della prima squadra e dell’Under 21, il direttore sportivo Joshua De Gennaro, uno dei fondatori del progetto più di dieci anni fa, e Roberto Torboli, responsabile del Calcio a 5 per LND Trento.
La storia del Cus Trento Calcio a 5 non comincia da un campo, né da una società sportiva strutturata. Parte molto prima, da qualcosa di quasi banale: una mail. Un gruppo di studenti che gioca a calcetto tra amici e scrive al Cus per chiedere qualche maglia e un pallone. A ricordarlo oggi è il direttore sportivo, Joshua De Gennaro: «Più di dieci anni fa giocavamo tra amici. Abbiamo scritto al Cus per chiedere un aiuto con maglie e palloni. Nel giro di poco ci risposero positivamente. Io ero ancora all’università, e da lì è partito tutto: giocatore, capo sezione e ora direttore sportivo».
All’epoca, il Sanbàpolis, la casa che ora ospita gli atleti del Cus, non c’era ancora e l’idea che quella richiesta informale potesse trasformarsi in una realtà solida, con due squadre, uno staff stabile e un progetto tecnico riconosciuto anche a livello federale, sembrava impensabile. Da quella mail improvvisata è nata una realtà che negli anni ha saputo crescere e strutturarsi, fino a diventare un progetto sportivo e formativo riconosciuto anche dall’Ateneo. Oggi, grazie al supporto del Cus, gli atleti fanno parte del programma Uniteam: un percorso che offre vantaggi universitari, sostegno accademico e un riconoscimento ufficiale da parte dell’Università di Trento, consolidando il legame tra studio, sport e crescita personale.
Il percorso degli allenatori è un po’ lo specchio di questa evoluzione. Mister Piazza arriva nel 2012, reduce da esperienze in C1 e C2, e incontra un progetto ancora acerbo ma pieno di possibilità. Racconta di una scelta controcorrente per quegli anni: «Mi proposero la Serie A femminile e allo stesso tempo un progetto molto interessante con un gruppo di giovani. Ho scelto il Cus, non me ne pento».
Il suo percorso tecnico si intreccia subito con una certa idea di identità: costruire il gioco, crescere a lungo termine, mettere le basi. Il Cus, del resto, gli dava la libertà e la responsabilità di farlo.
Diversa ma complementare è la strada di mister Copellino: il suo arrivo nasce da un progetto con l’università, una collaborazione che la porta prima a seguire la femminile, poi ad ottenere il patentino, poi alla panchina, fino alla nascita dell’Under. «È stato tutto naturale», racconta. E per lei allenare significa esattamente ciò che la società vuole essere: «crescere e far crescere: tecnicamente, umanamente, come gruppo».
Costruire il futuro… oggi
Proprio su questa idea nasce quest’anno l’Under 21, il primo vero settore giovanile del Cus Trento C5. Una necessità, più ancora che una scelta, come spiega il direttore sportivo Joshua De Gennaro: «Ogni anno rischiamo di perdere tanti giocatori. E quelli che arrivano, spesso, non hanno esperienza di futsal. L’Under nasce per dare continuità: formiamo ragazzi che l’anno dopo possono essere pronti per la C1».
Il progetto non è passato inosservato. Roberto Torboli, responsabile Calcio a 5 di LND Trento, ha seguito da vicino tutto lo sviluppo e non ha dubbi sul valore complessivo della realtà Cus: «A livello trentino è un progetto unico. Ha portato nel circuito del futsal un numero molto alto di giovani. È stata una ventata d’aria fresca».
Torboli sottolinea un punto fondamentale: È una fortuna enorme per una disciplina che cerca continuità e nuove energie: «Il Cus porta giovani veri nel futsal. È un progetto che fa bene al movimento. Noi lo appoggiamo totalmente».
Un giudizio che non riguarda solo l’Under, ma l’intera struttura societaria, riconosciuta come esempio di progettualità e crescita.
L’iscrizione dell’Under 21 in classifica reale e non come squadra fuori classifica, è un altro segnale forte: un investimento tecnico, ma anche di crescita. I ragazzi non possono vincere il campionato, per regolamento, ma giocano partite vere, contro avversari veri, con obiettivi reali. «È stata un’avventura fatta insieme», spiega Torboli. «E siamo molto contenti che la società abbia deciso di metterla in classifica».
Per l’Under 21, questo è l’anno zero: niente ambizioni di risultato, solo crescita. Ma è proprio da questi anni zero che spesso nascono i progetti più stabili.
Stabilità ritrovata, una squadra che torna a crescere
Quest’anno il gruppo di ragazzi di mister Piazza può contare sulla stabilità acquisita durante il corso della stagione precedente. La rosa non è cambiata molto, tanti giocatori sono rimasti, e grazie a qualche innesto di qualità si è rafforzata ancora di più. In questo modo è stato più facile avviare il percorso all’interno del campionato.
La prima squadra, dopo due retrocessioni di fila, che avrebbero potuto abbattere chiunque, ha ritrovato stabilità e identità. L’allenatore vede finalmente continuità: «L’anno scorso all’andata avevamo tre punti. Quest’anno siamo già a dodici. Ma la cosa importante non sono i punti: è il gioco. Finalmente possiamo costruire, aggiungere dettagli, non ripartire da zero». L’obiettivo rimane concreto e semplice: arrivare ai 26 punti della soglia salvezza. «Prima arriviamo lì, poi vediamo».
Il Cus come ambiente educativo: studio, responsabilità e crescita personale
Uno degli elementi più identitari del Cus è la regola degli universitari: oggi tutti i giocatori devono essere studenti. All’inizio bastava il 51% della rosa, ora no. Una scelta che rende più complicata la gestione, specie nei periodi in cui i fuori sede tornano a casa. Ma è diventata un valore, come sottolinea Joshua: «All’inizio pensavo fosse davvero difficile. Poi mi sono accorto che era bellissimo. L’università è una cantina piena di talenti nascosti: ogni anno trovi qualcosa di prezioso». Il limite imposto da questa regola è diventato carattere, e il carattere è diventato oggi identità.
«La parte più dura è trovare giocatori. Anni fa ne visionavamo anche 60. Ora molti meno. Diventa sempre più difficile», dice il direttore sportivo. È per questo motivo che Joshua De Gennaro rinnova il suo invito a iscriversi, o quanto meno a conoscere e sperimentare la realtà del Cus.
Il terzo tempo: tante opportunità e momenti di svago
Le due squadre del CUS possono vantare un clima sereno e profondamente familiare, che si alimenta non solo in campo ma anche nei momenti successivi agli allenamenti e alle partite. «Condividere una birra o un trancio di pizza è qualcosa che si è costruito negli anni e che ormai è diventato una tradizione. C’è sempre stato e continuiamo a farlo. Come ci sarà il torneo di Natale o quello di Capodanno. Perché questo è lo spirito del CUS: crediamo che il gruppo sia la forza della squadra», raccontano i mister.
Sono proprio queste forse, le parole più belle condivise da entrambi i mister Copellino e Piazza. Parole che sintetizzano alla perfezione l’identità della società universitaria: un ambiente che mette al centro la relazione, la condivisione, la crescita comune. «Sono momenti piacevoli, ci divertiamo anche noi. Prima di tutto c’è il divertimento», aggiungono, sottolineando quanto il fattore umano sia parte integrante del progetto.
Tra le esperienze più significative spicca anche il viaggio a Eindhoven, vissuto dalla prima squadra nella stagione 2024/2025. Una trasferta che, come altre vissute negli anni precedenti da diverse formazioni, è diventata un’occasione di confronto internazionale e allo stesso tempo un momento di gruppo unico. I ragazzi del CUS hanno partecipato a un torneo di alto livello, misurandosi con realtà straniere e mettendo alla prova le proprie qualità tecniche, tattiche e caratteriali.
Oltre ai campionati regionali di C1 e Serie D, gli atleti universitari del Cus hanno poi la possibilità di competere in un’altra competizione di grande prestigio: i Campionati Nazionali Universitari. I CNU rappresentano da anni un’importante vetrina per confrontarsi con altre università italiane, portare in campo lo spirito accademico-sportivo che distingue il Cus e dimostrare il valore di un gruppo che, nel tempo, ha saputo crescere e far crescere.
Dietro le quinte: staff e passione
Dietro le quinte, c’è una macchina enorme fatta di tesseramenti, palestre, pulmini, federazione, logistica, incastri infiniti. Eppure tutto funziona grazie a uno staff solido: «Siamo volontari, eppure la macchina gira grazie a persone splendide: Ermanna Marchetti, Alessandro Pontalti, Denis Guarabardhi, Diego Cadamuro, Stanis Jukni, Duilio Lazzarini… senza di loro sarebbe impossibile».
C’è poi un altro aspetto del Cus che viene spesso sottovalutato: quello educativo. Perché questa non è solo una squadra di futsal. È un contesto formativo che richiama per certi versi i college americani: studio e sport vanno insieme, e l’uno non regge senza l’altro. «Per restare in squadra devi avere costanza anche nello studio», spiega Joshua. Un codice etico regola impegno, comportamento e atteggiamento. E un dato, raccolto negli anni, parla da solo: «Chi è serio in campo è serio anche negli esami e all’interno dell’università. Chi molla lo sport spesso fatica a livello accademico».
La crescita umana, ribadisce il direttore sportivo, viene sempre prima di quella sportiva: «Lavorare con i giovani è entusiasmante. Ci teniamo alla crescita umana. Sempre».
Oggi il Cus Trento C5 vive la sua fase più matura. Ha un settore giovanile, una direzione tecnica condivisa, una struttura federale che lo sostiene e una chiara identità universitaria che lo distingue nel panorama regionale.
È una realtà nata per caso, cresciuta per passione, e diventata, giorno dopo giorno, un piccolo modello. Una squadra, certo. Ma anche una comunità, una storia che continua e che ha ancora molto da scrivere.